Con l’Open Innovation le imprese si aprono verso l’esterno per rimanere competitive.
L’Open Innovation è un modello di innovazione aziendale che, a differenza di quello tradizionale – basato su un processo di innovazione interno all’azienda – prevede l’apertura dell’azienda all’esterno.
È un modello di innovazione aperta in cui l’azienda è chiamata proprio ad “aprirsi” verso l’esterno. L’obiettivo è quello di costruire percorsi con startup, università, enti di ricerca, altre imprese e immaginare nuovi possibili modelli di business.
In questo articolo di Forbes, selezionato per il Blog di Faire Hub, vi raccontiamo quali sono i benefici dell’Open Innovation e i modelli più diffusi.
Cosa è l’Open Innovation, come si fa e lo stato dell’arte in Italia
Grandi o piccole che siano, le aziende più dinamiche e reattive, attualmente, stanno ricorrendo a tecniche di innovazione aperta per cercare percorsi alternativi e sviluppare nuove soluzioni di mercato.
Oggi “l’ecosistema innovazione” in Italia appare molto più “aperto” di quanto possiamo immaginare. Sono tante le collaborazioni di aziende con startup, università, centri di ricerca o tra imprese. E i dati che emergono dagli studi realizzati dagli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy e dall’Osservatorio Startup Hi-tech, promossi dalla School of Management del Politecnico di Milano, parlano molto chiaro.
Un’ampia parte delle nostre grandi aziende (ben il 78%) adotta pratiche di open innovation. Comparando i dati degli ultimi anni osserviamo che anche tra le piccole e medie imprese raddoppiano i fenomeni, raggiungendo il 53% dei casi.
Al fine di innovare prodotti, servizi, modelli di business o processi, le aziende non si limitano a fare affidamento solo sulle proprie risorse interne (dipendenti, brevetti, conoscenze aziendali o risultati di appositi test). Oggigiorno, utilizzano anche fonti e risorse esterne per guidare il processo di innovazione.
Perché innovare con l’Open Innovation? Quali sono i benefici?
Grazie alle collaborazioni e alle metodologie dell’ Open Innovation, nel 2020 un’impresa innovativa su tre in Italia è stata in grado di cambiare il proprio modello di business. La metà di esse hanno ottenuto nuovi clienti ed il 44% ha accelerato lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.
Inoltre, con l’open innovation l’ampiezza potenziale dell’audience coinvolta è maggiore. Quanto è più vasto il pubblico coinvolto, tanto maggiore saranno le idee generate. Ne è un esempio il programma LEGO Ideas con cui l’azienda di mattoncini in plastica raccoglie ogni anno milioni di nuove proposte prodotto.
L’innovazione aperta può essere anche un ottimo strumento per trovare talenti al di fuori della propria azienda. Infatti, avere l’opportunità di coinvolgere un ampio numero di esperti e professionisti, aumenta le probabilità di conoscere nuove risorse con competenze complementari da inserire in organico.
Open Innovation: i modelli più diffusi
Quali sono dunque le pratiche di Open Innovation più diffuse in Italia e nel mondo? E come si possono avviare concretamente?
Tenendo in considerazione l’industria di riferimento, la strategia d’innovazione aziendale e la volontà di coinvolgere più o meno soggetti esterni, si possono valutare diverse opzioni.
Sfide di innovazione
Le innovation challenge hanno l’obiettivo di generare nuove idee o identificare nuove potenziali soluzioni per specifiche problematiche. Sono dei veri e propri eventi pubblici o privati con soggetti partecipanti diversi: studenti, clienti, startup, grandi aziende, centri di ricerca, imprenditori o docenti.
Le challenge possono essere strutturate attorno a problemi specifici o lanciate con scopi più generici per incentivare la creatività dei partecipanti e stimolare nuove idee. Per esempio, la sfida lanciata da Marzotto Venture Accelerator ed Enel per ricercare idee, progetti e soluzioni che sfruttino le tecnologie emergenti a supporto del servizio sanitario messo a dura prova dall’emergenza coronavirus.
Hackathon
Gli hackathon sono simili alle innovation challenge con l’unica differenza che arrivano fino alla fase di prototipazione della soluzione.
Sono programmi brevi (spesso di 48-60 ore) e intensi con l’obiettivo di giungere rapidamente ad una soluzione da testare sfruttando la creatività, la diversità e le capacità dei gruppi e professionisti coinvolti. Un esempio è l’hackathon realizzato da Tim in collaborazione con Google Cloud e Codemotion per la progettazione di spazi intelligenti.
Partnership tra startup e grandi aziende
Le collaborazioni tra startup e grandi aziende se ben gestite, possono far leva sull’ampia esperienza, budget, dati e risorse, della grande corporate, e sull’agilità, adattamento e dinamismo, del team startup. I benefici sono considerevoli per entrambi.
La corporation ottiene accesso ad un team di specialisti concentrati sullo sviluppo di una soluzione su misura alle loro esigenze di business senza impattare su le altre risorse interne all’azienda.
Per la startup la partnership offre, invece, la possibilità di lavorare intensamente sullo sviluppo prodotto, portando spesso il team a meglio definire la loro proposta di valore. Inoltre, la startup può avvalersi del supporto della prestigiosa azienda che spesso investe su di essa magari acquisendone una parte di essa.
Acquisizione startup
L’acquisizione è spesso il risultato di collaborazioni stabili tra una grande azienda e una startup. Questa si prospetta come valida soluzione quando l’azienda identifica opportunità di mercato alle quali non è in grado di rispondere autonomamente con le proprie risorse interne.
Corporate incubatore/acceleratore per startup
Sono diverse le aziende che decidono di avviare una nuova business unit dedicata esclusivamente all’incubazione e/o all’accelerazione di startup. I casi di Google, Microsoft, o di Intesa Sanpaolo rappresentano alcuni degli esempi più significativi.
Si tratta di programmi che raccolgono startup e talenti attorno a specifiche esigenze di innovazione. Anche qui non mancano gli esempi e le best practice: da Plug and Play a H-Farm, fino agli acceleratori dell’Università di Napoli Federico II, Campania NewSteel, o del Politecnico di Milano, PoliHub.
Corporate lab/innovation center
A volte prendono il nome di laboratori, come il Fuji-Xerox’s Customer Co-Creation Laboratory situato in Giappone. Altre volte vengono inquadrati come academy o centri innovazione, come il FS Mobility Academy inaugurata da Ferrovie dello Stato al Polo Tecnologico di San Giovanni a Teduccio di Napoli dedicata alla mobilità integrata e ai trasporti.
In tutti i casi questi spazi di innovazione si configurano come veri e propri centri dedicati alla ricerca scientifica e tecnologica. Sono luoghi di formazione di nuove risorse e collaborazione tra dipendenti, clienti ed esperti per sperimentare ed esplorare nuove soluzioni.
Intrapreneurship
Questa è sicuramente una delle pratiche più interessanti ma meno utilizzate. L’intrapreneurship mira ad identificare quei talenti con una propensione imprenditoriale già impiegati dall’azienda.
Naturalmente occorre equipaggiarli con le dovute risorse, che includono non soltanto un budget di spesa, ma soprattutto supporto pratico e mentorship. I team così formati si dedicano alla creazione di nuove soluzioni e prototipi. Di fatto, il dipendente svilupperà una vera e propria startup nell’ambito del suo regolare contesto lavorativo avendo accesso a risorse strategiche di cui non godrebbe in altre circostanze.
Per favorire e strutturare questi processi, l’azienda potrebbe dotarsi di un vero e proprio programma dedicato agli impiegati-imprenditori. Questo è il caso di Intel, che in Cina ha ideato Ideas2Reality, uno dei programmi di accelerazione tra i più dinamici e incentivanti.
Le opportunità dell’Open Innovation
Senza ombra di dubbio, l’Open Innovation offre l’opportunità di generare soluzioni più rapidamente, ridurre i rischi ed i costi di ricerca, e soprattutto, ha il potenziale di ampliare lo spazio per la creazione di nuovo valore.
Fare squadra, unire le risorse e condividere le competenze porta notevoli benefici per tutti. E il progetto FAIRE, grazie alle collaborazioni e le sinergie condivise dal suo paternariato – formato da 7 aziende partner – punta a portare le tecnologie più avanzate nel comparto moda, sfruttando Big Data e Intelligenza Artificiale.